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Tendinopatia

I Tendini rappresentano le strutture di tessuto connettivo che collegano un muscolo alla propria inserzione ossea; si tratta di un tessuto istologicamente diverso dal muscolo stesso e costituito da matrice extracellulare e fibre collagene. La matrice extracellulare è composta soprattutto da Proteoglicani e Glicoproteine ed ha il compito di consolidare le fibre e richiamare acqua per idratare il tessuto; l’altra componente delle fibre, seppur in quantità minore, è l’Elastina, proteina che permette al tessuto connettivo di tornare alla propria forma originaria dopo esser stato sottoposto a forze di stiramento o contrazione (elasticità).

L’Entesi è la porzione finale del Tendine al punto di inserzione sull’osso ed ha proprietà istologiche che sono un punto di passaggio tra la struttura tendinea stessa ed il tessuto osseo. I tendini infine possono essere rivestiti, lungo il loro decorso, dalle Guaine Tendinee che fungono da rivestimento protettivo che impedisce lo sfregamento ed il conseguente deterioramento dei Tendini stessi sulle superfici ossee.

E’ ormai assodato che le condizioni di Tendinopatia non sono riconducibili esclusivamente a condizioni di infiammazione tendinea (flogosi) che si protraggono a lungo nel tempo nella zona interessata dal dolore, ma ad un’alterazione della disposizione delle fibre collagene di cui è composto il tendine stesso, associata ad un aumento della matrice extracellulare. In pratica è come se le fibre non corressero più parallele tra loro all’interno della struttura tendinea; in questo modo sono meno resistenti alle forze di tensione-stiramento e contrazione che devono sopportare, causando dolore e diminuzione della loro funzionalità, il che causa a sua volta una diminuzione della resistenza tessutale che predispone a nuove fasi infiammatorie (flogosi) future, secondo il più comune ragionamento a circolo vizioso. L’infiammazione tendinea (flogosi) sembra quindi giocare un ruolo importante solo all’inizio del processo tendinitico – tendinopatico, che può successivamente evolvere nelle fasi successive con le alterazioni strutturali dette prima.

Con il tempo, una certa quantità di fibre collagene può anche subire lesioni o rotture, il che può mettere a rischio l’incolumità del Tendine stesso, se sottoposto a stress eccessivi e/o continui. Le caratteristiche riconducibili alle condizioni tendinopatiche possono essere osservate anche in tendini posti in scarico, cioè privati del lavoro attivo e/o del carico corporeo, non solo in quelli sottoposti a overuse (sovraccarico); mettere in scarico un tendine infatti causa cambiamenti istologici del tutto simili a quelli che si possono riscontrare in tendini sovrautilizzati, quindi in entrambi i casi avremo una diminuzione dell’integrità meccanica del tendine. La condizione ottimale per il mantenimento della buona salute dei nostri tendini è quindi riconducibile ad un’attività fisica adeguata, sia per intensità che per durata, che alleni la struttura senza stressarla eccessivamente.

Alcuni esempi tipici di Tendinopatia sono i seguenti:

Epicondilite

Epitrocleite

Tendinopatia Rotulea

Tendinopatia Achillea

Tendinopatia della Cuffia dei Rotatori

La Tendinopatia si manifesta usualmente con un aumento del dolore, correlato all’attività o al carico, nella zona del tendine affetto. In molti casi si manifesta con la comparsa di dolore all’inizio dell’attività fisica per poi diminuire o scomparire; il dolore può ricomparire successivamente durante l’attività fisica, specie se viene prolungata, oppure alla fine dell’attività fisica stessa quando la struttura viene sollecitata nuovamente dopo un periodo di riposo. Il paziente solitamente è in grado di localizzare il dolore, che può essere definito acuto o tagliente nelle prime fasi, oppure un dolore sordo se il problema permane da qualche tempo.

Vedi anche La T.E.Ca.R. Terapia nelle Tendinopatie nella sezione relativa alla T.E.Ca.R. Terapia presente nel nostro sito.

Sindrome del Tunnel Tarsale

Il Tunnel Tarsale è un canale inestensibile situato posteriormente al Malleolo Tibiale, il cui pavimento è costituito dal Legamento Deltoideo ed il tetto dal Retinacolo dei Flessori. Questo tunnel contiene diverse strutture: il tendine del Tibiale Posteriore, il tendine del Flessore Lungo delle Dita, il tendine del Flessore Lungo dell’Alluce, l’arteria Tibiale Posteriore, la vena Tibiale Posteriore ed il Nervo Tibiale. Proprio nel punto di passaggio attraverso il Tunnel Tarsale, il Nervo Tibiale si divide in due ramificazioni terminali: il Nervo Plantare Mediale ed il Nervo Plantare Laterale che innervano rispettivamente la zona interna-mediale ed esterna-laterale dalla porzione plantare del piede.

La Sindrome del Tunnel Tarsale è una neuropatia compressiva del Nervo Tibiale al passaggio dello stesso al di sotto del Retinacolo dei Flessori; compare prevalentemente nel sesso femminile, senza che ci siano significative differenze in base all’età.

Le cause principali sono:

Attività fisiche che causano stress ripetuti come la corsa, oppure la stazione eretta mantenuta e prolungata, oppure il camminare per lunghi tratti. Traumi come ad esempio fratture o lussazioni. Calcagno varo o valgo. Fibrosi. Eccessivo carico ponderale. Condizioni che occupano spazio nella zona del Tunnel Tarsale come tumori, edemi, osteofiti o varici. Tendiniti. Patologie sistemiche che causano infiammazioni a livello dell’articolazione della caviglia o compromissioni nervose periferiche (ad esempio artrite e diabete mellito).  In una percentuale che possiamo definire tra il 20% ed il 40% la causa è idiopatica.

I sintomi più comuni del Tunnel Tarsale sono parestesie (formicolio) e sensazione di bruciore nella zona del Nervo Tibiale e nei due rami che da esso originano, il Nervo Plantere Mediale e/o Plantare Laterale. Possiamo avere inoltre formicolio, bruciore o dolore nella zona mediale della caviglia e nella zona plantare del piede. Comunemente la sintomatologia peggiora con la flessione dorsale della caviglia associata all’eversione-pronazione del piede. I pazienti possono riferire dolore notturno che li risveglia dal sonno ed il peggioramento dei sintomi con attività di corsa o di camminata prolungata.

Bisogna prestare particolare attenzione alla diagnosi differenziale con le seguenti patologie, in quanto possono essere confuse con la Sindrome del Tunnel Tarsale: Fascite Plantare, Polineuropatie, Nevriti – Radicolopatie L5 – S1 e Metatarsalgia da Neuroma di Morton.

Protrusione Discale – Ernia del Disco

Rappresentano le due condizioni di danno discale che possiamo osservare a livello vertebrale.

 – Per Protrusione Discale si intende lo spostamento della porzione posteriore del disco intervertebrale verso il canale midollare, il che può causare una compressione più o meno marcata sulle radici nervose del livello vertebrale interessato, con conseguenti sintomi nel territorio di innervazione delle radici nervose stesse (parestesie – formicolii, disestesie – disturbi della sensibilità, ipoestesie – diminuzione della sensibilità, dolore più o meno intenso ma spesso riferito come un fastidio profondo o interno, mialgie – dolori muscolari). Questo avviene solitamente in conseguenza di una rettilineizzazione o verticalizzazione di un tratto della colonna vertebrale, il che causa un posizionamento in flessione delle articolazioni intervertebrali, con seguente aumento del carico di compressione sui dischi intervertebrali nella loro porzione anteriore e quindi uno spostamento degli stessi posteriormente. Questa condizione si verifica nella maggior parte dei casi per cause posturali, in percentuale inferiore invece per cause traumatiche e, se permane nel tempo, può favorire la lesione delle fibre posteriori dell’anulus discale e lo spostamento del nucleo polposo del disco intervertebrale verso il bordo posteriore del disco stesso; quando una parte del disco stesso protrude oltre la propria limitante posteriore, parliamo di Protrusione Discale.

 – Per Ernia del Disco si intende la migrazione di buona parte del nucleo polposo del disco intervertebrale all’interno del canale midollare, condizione ben più grave e spesso non completamente reversibile. In questo caso si avrà una maggiore compressione sia sulle radici nervose che sul midollo spinale (a seconda del livello vertebrale interessato) e sintomi più accentuati rispetto a quelli della Protrusione Discale (parestesie ed ipoestesie più nette, dolore più acuto, ipostenia – debolezza muscolare).

Bisogna tener presente che queste due condizioni si verificano principalmente a livello del rachide lombare, meno frequentemente a livello cervicale (circostanza più delicata a causa della compressione diretta sul midollo spinale) e molto raramente a livello dorsale.

Nel Trattamento Fisioterapico della Protrusione Discale possiamo inserire:

Laserterapia, effetto anti-infiammatorio sulle radici nervose

Tecarterapia, effetto decontratturante sui muscoli paravertebrali, diminuzione della rigidità delle articolazioni intervertebrali, effetto vasodilatante sui tessuti che diventano quindi più elastici

Massoterapia, effetto decontratturante sui muscoli paravertebrali e sui gruppi muscolari vicini

Mobilizzazioni vertebrali, per diminuire o risolvere la rigidità vertebrale, per riposizionare il segmento di colonna vertebrale interessato in una posizione che sia la più vicina possibile a quella fisiologica e per esercitare una forza di decompressione vertebrale e discale

Pompages, effetto rilassante a livello muscolare e soprattutto fasciale con conseguente effetto di decompressione vertebrale e discale

Neurodinamica, per trattare il dolore nevritico riferito a distanza

Per quanto riguarda il Trattamento dell’Ernia del Disco è sempre consigliabile avvalersi di un consulto medico specialistico, per decidere se prendere o meno in considerazione l’ipotesi dell’intervento chirurgico. In caso l’intervento stesso non sia indicato oppure in caso sia richiesta Fisioterapia per evitarlo o posticiparlo, il Trattamento Fisioterapico si basa sugli stessi punti che abbiamo preso in considerazione parlando della Protrusione Discale ma tenendo ben presente che si tratta di una condizione più grave e più delicata.

Le cinque cause di dolore cervicale e mal di schiena

Epicondilite

L’Epicondilite è un’affezione dolorosa della zona laterale del gomito; per definizione origina da una condizione di tendinite acuta o di tendinopatia dei muscoli estensori del polso e delle dita per condizioni di sovra-utilizzo ma, nella pratica quotidiana, ho notato l’importanza dell’articolazione omero-radiale  e del nervo radiale come cause o concause.

L’Epicondilite pura si può osservare in soggetti che compiono continuamente sforzi ripetuti a livello della muscolatura dell’avambraccio, del polso e delle dita, sportivi o lavoratori manuali quindi, e nelle condizioni più acute può causare impossibilità o difficoltà ad eseguire una presa fine o una presa di forza in compiti di manipolazione-prensione; nelle condizioni tendinopatiche il dolore è meno acuto ma continuo, cronico, con periodi di maggiore e minore acuzie a seconda delle sollecitazioni che tali muscoli sopportano.

Ritengo necessario a questo punto soffermare l’attenzione su altre due componenti: sull’articolazione omero-radiale, che viene stressata dal tendine del bicipite brachiale e dai movimenti di prono-supinazione dell’avambraccio, e sul nervo radiale, che passa nelle vicinanze insieme ad un suo ramo motorio (nervo interosseo posteriore); l’articolazione omero-radiale ha un suo angolo fisiologico di valgismo che può subire modificazioni in base agli stress cui è sottoposta, questi stress possono causare un aumento o una diminuzione di questo angolo, con una conseguente modifica di posizionamento dell’articolazione stessa con possibilità di infiammazione articolare (artrite) e degenerazione cartilaginea (artrosi);  il nervo radiale ed il nervo interosseo posteriore possono essere irritati a loro volta, sia per una condizione di forte contrattura muscolare dei muscoli estensori – supinatori , sia per un’infiammazione acuta dell’articolazione omero-radiale, causando la presenza di sintomatologia dolorosa anche nelle zone più distali dell’avambraccio.

Tutto questo per precisare che spesso l’Epicondilite non è frutto solamente di una tendinite-tendinopatia, ma può essere causata o peggiorata da una sofferenza articolare o da una nevrite, che devono essere anch’esse sottoposte a trattamento fisioterapico per avere il miglior risultato possibile, altrimenti il rischio è quello di avere un miglioramento  ma non una regressione della sintomatologia.

Come esempio di nevrite che può essere diagnosticata come epicondilite vedere la Sindrome dell’interosseo posteriore. In questo caso il nervo interosseo posteriore, ramo motorio del nervo radiale subisce un incapsulamento all’interno del muscolo supinatore poco al di sotto del capitello radiale, simulando di fatto un’epicondilite tendinitica o tendinopatica, ma siamo di fronte ad una compressione nervosa periferica e come tale deve essere trattata.

Cervicalgia – Cervicobrachialgia

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